|

In questo numero vogliamo ragionare non solo sul lavoro di cura, ma anche e soprattutto sul prendersi cura degli altri, dello loro fragilità, in ambito lavorativo, del welfare e nelle relazioni sociali e personali in senso più ampio. Vogliamo allargare la prospettiva e proporre una lettura culturale diversa di questo tema così importante

Le Acli da sempre rivolgono una grande attenzione al tema del lavoro di cura grazie all’impegno per la tutela e il sostegno della lavoratrici domestiche realizzato attraverso le Acli Colf. Nel recente incontro nazionale di studi di Napoli, l’associazione ha sottolineato l’importanza di riconoscere il valore sociale della maternità e del lavoro di cura. In particolare si è osservato: “Come ACLI, pur apprezzando la proposta avanzata dal Governo circa la possibilità di ridurre fino a un massimo di 2 anni i requisiti contributivi previsti dall’Ape sociale per donne con figli, avanziamo una proposta alternativa. Agire sulla leva previdenziale, specialmente a ridosso del momento in cui scatterà l’innalzamento dell’età pensionabile e l’unificazione del requisito anagrafico tra uomini e donne per l’uscita dal mondo del lavoro, è importante. Va anche detto, però, che proprio il sistema previdenziale – e il modello di assicurazione sociale su cui si basa – è investito dalle profonde trasformazioni avvenute nel mondo del lavoro, non solo per il problema della riduzione / redistribuzione delle risorse. Le biografie lavorative delle donne e dei giovani principalmente, risultano molto frammentate. E molto più di prima, soggetti sembrano richiedere sostegno nelle fasi centrali della vita lavorativa”.

In questo numero di BeneComune.net vogliamo ragionare non solo sul lavoro di cura, ma anche e soprattutto sul prendersi cura degli altri, dello loro fragilità – come ci ricorda Ivo Lizzola – in ambito lavorativo, del welfare e nelle relazioni sociali e personali in senso più ampio. Vogliamo allargare la prospettiva e proporre una lettura culturale diversa di questo tema così importante.

Prendiamo le mosse da una riflessione di Suor Alessandra Smerilli – una delle relatrice del recente incontro nazionale di studi delle Acli – proposta lo scorso 29 aprile, sulle pagine di Avvenire, in occasione della festa del primo maggio (articolo che trovate qui nella sezione in rete). “Lavoro e cura di sé e degli altri sono due dimensioni coessenziali della vita e ci rendono più umani. Un cambiamento così importante nel modo di intendere il lavoro e la cura è uno di quei processi che richiedono proteste e conquiste collettive. È un dono all’intera società che oggi può venire principalmente e, forse, solamente da voci di donna. Sì, perché tradizionalmente il ruolo della cura è stato attribuito alle donne, che oggi, se vogliono lavorare, devono dividersi, a volte in maniera estenuante e non sostenibile tra lavoro e attività di cura. Ma se la cura è una dimensione essenziale dell’essere umano, e non si è pienamente umani se non ci si prende cura degli altri (anche pulire una stanza è prendersi cura di chi dovrà abitarla), allora tutti dovremmo diventarne più consapevoli. Ritroveremo un nuovo rapporto con il lavoro, se troveremo un nuovo rapporto con la cura, uomini e donne insieme. E cura oggi significa anche prendersi cura dei giovani che non trovano lavoro. Una mamma non può far festa se vede che il proprio figlio non riesce a realizzare le sue potenzialità”.

In questa prospettiva abbiamo chiesto ad alcuni esperti di ragionare attorno ad alcune domande: Quale posto viene dedicato al tema della cura nella nostra società che papa Francesco definisce “società dello scarto”? Perché il ruolo della cura viene affidato prevalentemente alle donne? La cura può diventare una dimensione essenziale della nostra società? Come prendersi cura degli anziani, dei giovani che non trovano lavoro, dei bambini?

Iniziamo con Raffaella Maioni (Responsabile nazionale Acli Colf) che sottolinea come sia “importante investire in termini di politiche di sostegno alle famiglie con azioni mirate al riconoscimento culturale del lavoro di cura, nonché al sostegno attraverso azioni e servizi, creando delle reti della cura. Questo sarebbe utile per tutelare le lavoratrici e i lavoratori di questo settore, ma anche per garantire una cura adeguata alle persone assistite”.

Per Antonio Russo (Segretario della presidenza nazionale Acli con delega alle Politiche sociali e al welfare) che sofferma la sua attenzione sul tema della non autosufficienza, vi è “l’esigenza di un sistema di welfare che rispetti i diritti di tutti, dei lavoratori, degli assistiti e delle loro famiglie. A tal fine si potrebbe prendere come modello proprio il lavoro di cura, riconoscendolo, anche economicamente e professionalmente, come un elemento fondamentale del futuro sistema integrato di assistenza locale oltre che della qualità del processo di personalizzazione delle politiche sociali

Gianfranco Zucca (Ricercatore Iref) osserva che “le badanti sanno che la parola cura perché assistere una persona con una patologia cronico-degenerativa non significa solo supportare i bisogni primari, quasi sempre bisogna farsi carico anche dei bisogni di relazione: la parola può alleviare il dolore di una malattia dal decorso segnato. Tuttavia la parola cura anche in un altro senso”.

Olga Turrini (Sociologa dell’Università di Trento) sottolinea “la necessità di ripensare le politiche, adeguandole non solo alle problematiche economiche, ma anche ai bisogni che mutano e alle prospettive che si stanno configurando, in modo da prevenire forme di esclusione, marginalizzazione, discriminazione”.

Monica Vacca (psicologa) indaga sulla dimensione psicologica della cura osservando come sia opportuno “farci garanti e testimoni di queste scelte dando voce agli invisibili che a caro prezzo scelgono di farsi responsabili e dire no alla società dello scarto” mentre Luca Marcelli (Responsabile nazionale dell’Azione Cattolica dei Ragazzi) analizzare il tema nella prospettiva educativa sottolineando come “custodire i piccoli e le figure educative che a vari livelli sono loro di riferimento, è evidentemente un impegno essenziale che interpella la responsabilità” di ognuno di noi.

Concludiamo con due interviste: la prima realizzata a Don Giovanni Nicolini (Assistente spirituale delle Acli nazionali) e la seconda ad Ivo Lizzola (Pedagogista dell’Università di Bergamo).

Tags:
Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo!

FACEBOOK

© 2008 - 2024 | Bene Comune - Logo | Powered by MEDIAERA

Log in with your credentials

Forgot your details?