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Giocare rende euforici ma produce danni economici, psicologici e sociali. La società che per troppo tempo ha sdoganato e reso “normale” il rischio deve ora ritrovare un equilibrio. La società civile organizzata si è mobilittata e vuole fare la sua parte per  stare accatto alle persone e alle famiglie vittime di questa febbre d’azzardo

Giocare d’azzardo rende euforici ma produce danni economici, psicologici e sociali, e questo i giocatori lo sanno. Bisogna partire da questa considerazione per capire come il gioco d’azzardo sia una vera e propria dipendenza e come tale un problema enorme della nostra società. Una società che purtroppo ha ormai sdoganato e reso “normale” il rischio, forse per cercare di trovare un equilibrio in una realtà dove le certezze sono sempre meno e dove l’instabilità sembra una condanna.

La parola azzardo viene dall’arabo ‘az-zahr, che significa dado. Vincere in un gioco d’azzardo è sempre una frazione minimale delle possibili risposte del gioco, mentre l’effetto assoluto è la decisione di affidarsi al caso, all’imponderabile. Il giocatore d’azzardo non ha in realtà come obiettivo principale quello di vincere; il suo vero obiettivo è giocare, perdere il controllo, vuole provare quel brivido che ha quando assiste passivamente ad eventi che lo riguardano, ma che ormai non dipendono più da lui. Il giocatore quando gioca non cerca un guadagno, ma “compra” adrenalina.

Questo è testimoniato dai numerosi studi matematici che dimostrano come le giocate multiple, o qualsiasi altro accorgimento, sia perfettamente inutile ai fini della vincita: i giocatori li conoscono e sanno che vincere è quasi impossibile, ma nonostante ciò giocano, nascondendo la loro voglia di brivido con la chimera della vincita.

Questa ricerca del brivido può essere talmente grande e amplificata dagli enormi input che in tal senso la nostra società offre – basti pensare alla creazione di centinaia di diverse tipologie di giochi – che il giocatore può perdere la visione complessiva della sua situazione e decidere di “giocarsi tutto”. Una situazione patologica che porta la persona a decidere di non disporre più della sua vita, dei suoi affetti e del suo danaro, ma di far ruotare tutto attorno “alla giocata”, che non è più vizio ma malattia, che se non trattata in maniera adeguata sarà la sua rovina.

Purtroppo su questo la nostra società, governata da processi lenti e farraginosi, è stata superata dalla velocità del mondo del gioco d’azzardo, portandoci agli occhi una situazione assolutamente deregolamentarizzata, dove i giocatori patologici sono più di un milione e non hanno l’assistenza e l’attenzione che dovrebbero avere in quanti soggetti ad una dipendenza.

Le Acli, inseme a molte altre reltà, mostrando lungimiranza hanno evidenziando sin da subito questo tema come centrale per la tenuta sociale del Paese. Hanno organizzando a livello locale numerose iniziative con l’obiettivo di sensibilizzare la comunità e aiutare chi soffre di questa dipendenza che può avere esiti tragici. A livello nazionale la campagna “Mettiamoci in gioco” ha visto l’associazione e il suo sistema protagonista, a testimonianza di un impegno convinto per una società dove il gioco d’azzardo non venga minimizzato o peggio incentivato per antietiche esigenze di bilancio, ma venga trattato come una pratica che rischia di devastare le persone e le loro famiglie minando la base la nostra società.

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