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Proponiamo un’intervista all’onorevole Maurizio Sacconi (Gruppo Alternativa Popolare – Centristi per l’Europa – NCD) Presidente 11ª Commissione permanente (Lavoro, previdenza sociale) del Senato della Repubblica

Il suo gruppo politico che giudizio dà sul decreto legislativo n.147 del 15 settembre 2017, che ha introdotto il REI? Ne condivide l’impianto? Che proposte alternative avevate studiato?

Energie per l’Italia non ha condiviso l’impianto del REI. Avremmo preferito che la prevenzione ed il contrasto della povertà si realizzassero per intero in prossimità. La stessa individuazione dello stato di povertà – e ancor più di una condizione che gli si avvicina – non può essere rimessa ad un mero indicatore di reddito freddamente rilevato a Roma. Spesso sono il contesto familiare o comunitario a fare la differenza e solo in prossimità possono essere apprezzati. La erogazione della prestazione monetaria non deve corrispondere ad un diritto soggettivo ma rappresentare uno degli strumenti con cui i soggetti pubblici o sussidiari che hanno preso in carico la persona o il nucleo familiare ritengono sia possibile un percorso rivolto alla autosufficienza. Talora, come nei casi di dipendenza da droghe, alcol o gioco, la prestazione monetaria può essere sconsigliata. In ogni caso ciò che conta è il calore relazionale di chi ti aiuta nella comunità di appartenenza e non l’algida spedizione a domicilio di un assegno.

Il REI, per come è stato pensato, favorisce un incontro tra politiche attive del lavoro e politiche di welfare. In che modo? Con quali obiettivi?

Ogni politica assistenziale deve ovviamente stimolare la vita attiva. Purtroppo le politiche attive regionali hanno sofferto dei vizi tipici della autoreferenzialità. Penso occorra una combinazione tra servizi di orientamento e autonomia della persona nello scegliere l’offerta formativa ritenuta più idonea alla propria accusabilità.

In che senso il REI può favorire lo sviluppo di sistemi di welfare più equi e adeguati ai contesti territoriali? Quale ruolo può giocare il terzo settore?

Come ho detto, non sono convinto che il REI, ambiguamente disegnato come una combinazione tra reddito centralmente gestito e servizi prossimi, produca questo esito. In ogni caso il terzo settore ha un ruolo insostituibile perché è il solo a poter garantire quel calore relazionale di cui parlavo.

Quale ruolo strategico può avere la Rete della protezione e dell’inclusione sociale introdotta dal decreto legislativo n. 147?

La Rete nazionale ha senso in quanto le risposte al bisogno sono disegnate e gestite in prossimità. Collegare tra loro le diverse esperienze concorre a superare disuguaglianze territoriali, a diffondere le buone pratiche, a fornire servizi soprattutto alle situazioni più deboli.

Quali misure possono accompagnare l’introduzione del REI per consentire una sostanziale riduzione delle situazioni di disuguaglianza presenti nei diversi contesti territoriali?

Ritengo occorra generalizzare le buone pratiche in termini di compiuta integrazione tra servizi sanitari, sociali e assistenziali. Basta volere. Così come basta volere riorientare la spesa in modo da rispettare la proporzione in ciascun territorio tra prevenzione (5/%), servizi territoriali (51/%), spedalità (44/%). La stessa indennità di accompagnamento dovrebbe essere gestita in prossimità e non a livello centrale. Le resistenze locali dovrebbero peraltro consentire il commissariamento dei relativi poteri così da surrogarli per fasi limitate.

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