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Proponiamo un’intervista a Giacomo Carta, il nuovo nuovo coordinatore nazionale dei Giovani delle Acli (Ga)

Quali nuovi significati stanno attribuendo i giovani al lavoro?

I nuovi significati che i giovani stanno attribuendo al lavoro si differenziano dalle precedenti generazioni in riferimento alla diversa capacità che il lavoro ha nel soddisfare le loro necessità. La crisi economica, la globalizzazione e l’avvento prorompente dell’era digitale hanno trasformato in modo importante la società ed il mondo del lavoro. Da una parte la crisi ha indebolito l’economia aumentando la precarietà ed impoverendo tante famiglie (punto cardine della società e sostegno importante per i giovani), dall’altra la globalizzazione ed il digitale hanno modificato gli spazi ed i tempi della società fornendo piattaforme che hanno un’azione globale, immediata e che aumentano in modo esponenziale le opportunità; ma che, allo stesso tempo, fanno crescere il numero dei competitor nel mercato del lavoro e alimentano un consumismo che crea bisogni e necessità improvvise ed abituano la società ad avere e volere tutto in pochissimo tempo. Quindi, se da una parte troviamo un’offerta che non riesce a garantire ai giovani l’ingresso e la permanenza nel mercato del lavoro, dando loro l’opportunità di programmare a lungo termine il proprio futuro, dall’altra troviamo una generazione di giovani nati e cresciuti in un contesto che promette di poter avere tutto facilmente e velocemente. Tutto questo crea tante aspettative rispetto ad un lavoro immediato, ben pagato e senza dover fare tanti sacrifici. Aspettative che non vengono confermate nel momento in cui i giovani si scontrano con la ricerca del lavoro e che creano un senso di impotenza e di sfiducia. Il significato attribuito al lavoro da parte dei giovani oggi è quindi fortemente influenzato dalla difficoltà nel vedere una sicurezza per il futuro.

Che posto occupa nella loro vita l’esperienza lavorativa?

Il lavoro nella vita dei giovani occupa un posto fondamentale per poter crescere e potersi realizzare. Il lavoro responsabilizza facendo maturare l’individuo, aiuta ad ampliare la rete di conoscenze e soprattutto dona quella dignità e quell’indipendenza economica che permette alle persone di potersi realizzare a livello familiare e sociale.

 

I giovani sono disposti a derogare alcuni diritti fondamentali pur di avere un lavoro?

Le connotazioni che sta assumendo il mercato del lavoro oggi (sempre più precario e digitalizzato) segnalano l’avvento di una sempre più diffusa “disumanizzazione” del mondo del lavoro. La conseguenza di tutto ciò è un senso di sfiducia sempre più diffuso tra i giovani che si trovano costretti a scendere a compromessi, derogare alcuni diritti fondamentali ed accettare una sorta di “sottomissione” pur di potersi inserire nel mondo del lavoro o pur di mantenere una posizione lavorativa anche se non particolarmente vantaggiosa o gradita. E’ importante che la classe politica studi sin da subito questo fenomeno ed attui delle misure a tutela dei diritti del lavoratore. In parallelo occorrerebbe studiare l’evoluzione del mercato del lavoro odierno e riformare la formazione dei giovani attraverso, non solo l’acquisizione delle conoscenze, ma anche attraverso lo sviluppo di alcune competenze (denominate soft skills) ormai fondamentali per avere una maggiore “occupabilità”. È necessario ridare fiducia promuovendo delle politiche attive che accompagnino, attraverso dei percorsi mirati e strutturati sulla base delle loro capacità ed attitudini, i giovani verso la loro realizzazione personale. Così facendo si creano delle figure consapevoli delle loro potenzialità, più adatte ad inserirsi nel mercato del lavoro odierno e si riduce il gap tra domanda e offerta.

 

Quale cultura del lavoro oggi sembra emergere?

Ahimè la cultura che c’è ora del lavoro è caratterizzata da una grossa fetta di giovani che provano ad “accontentarsi” o a cercare “il meno peggio” pur di lavorare. La totale sfiducia generale (che si manifesta poi anche verso le istituzioni, le amicizie, la famiglia etc..) nel riuscire a crearsi un futuro dignitoso porta tanti giovani a dover fare delle scelte. C’è chi, senza avere esperienza e/o formazione sceglie, per necessità o credendo più nel presente che nel futuro, si butta alla ricerca di una remunerazione economica immediata; ma, il più delle volte, questa si rivela non adeguata al lavoro svolto e/o si realizzano mansioni che non piacciono (con una conseguente poca passione per il proprio lavoro). C’è chi sceglie di provare un’avventura all’estero abbandonando il proprio Paese e c’è chi sceglie di investire su se stesso attraverso la formazione personale e professionale conscio però del fatto che al termine del ciclo formativo rischierà di trovarsi nelle due situazioni citate precedentemente. Tutto ciò porta, come mostra anche la ricerca Iref, ad una crescita sempre maggiore dei NEET, ragazzi che non studiano, non lavorano o che risultano invisibili alle statistiche ufficiali perché lavorano in “nero” confermando lo stato pesante di sfiducia dei giovani di oggi.

 

Quale concezione del lavoro stanno consegnando gli adulti alle nuove generazioni?

La concezione del lavoro che gli adulti stanno consegnando alle nuove generazioni è caratterizzata dall’incertezza. I giovani infatti quando decidono di affrontare un tipo di formazione non hanno poi la certezza di trovare lavoro per quel settore specifico. Così rischiano di trovandosi spesso a lavorare in settori diversi con il timore – per chi ha trovato lavoro – di riuscire a tenere il posto di lavoro per tutto l’arco della vita.

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